Sono finiti i tempi dell’Italia raffigurata come la piattaforma logistica del Mediterraneo. Quelle raffigurazioni hanno lasciato il campo a tematiche generali perché generale è l’allarme e il rischio che il Paese tracolli. Lo sviluppo passa per un riscatto economico che vuole riforme profonde e tagli drastici ma soprattutto una chiara visione che proietti gli italiani il più possibile al fronte e non nelle retroguardie di una globalizzazione sfrenata.
Piani nazionali, tavoli concertativi hanno dominato il vocabolario della politica di governo dell’ultimo decennio e la logistica come i trasporti ne sono forse l’esempio più evidente di quanto questo paese con la sua classe dirigente abbia preferito giocare in retroguardia. Lo sviluppo oggi non potrà certo più passare per la sola opportunità logistica come si andava promettendo non meno di 15 anni fa, oggi il male economico è esteso. La logistica del consenso, come abbiamo voluto chiamare le oltre 215 liste presentate, chiamano gli elettori alla mobilitazione polare e dai partiti più grandi l’appello agli elettori è senza veli: non disperdete il vostro voto, datelo solo a noi! Niente piattaforma del Mediterraneo.
Nei programmi infatti le parole trasporti, logistica o infrastrutture si trovano di rado e con poca fantasia in termini di proposta. In altri casi invece le stesse parole le troviamo confuse in una generica sezione della mobilità di merci e persone. Non che le citazioni o le argomentazioni del passato abbiano prodotto più risultati ma da un punto di vista di parte, il nostro, la cosa non è certamente rassicurante.
Se prendiamo i due grandi partiti che guidano le coalizioni di centro destra e di centro sinistra, Pdl e Pd, passiamo da un estremo all’altro.
Nel programma del Partito delle Libertà le citazioni sono didascaliche per non dire telegrafiche e pressoché riassunte nel capitolo dedicato alle infrastrutture. Nel centro destra quindi il problema dei trasporti e della logistica rimane fondamentalmente ancorato al grande tema del rilancio infrastrutturale e non nella riorganizzazione e razionalizzazione di quanto già disponibile. L’uso della leva fiscale per incentivare il Project financing nella costruzione delle opere, una nuova Legge obiettivo denominata appunto “Infrastrutture per l’Italia” fino al progetto “Adotta un’infrastruttura”. A questo poi si aggiunge il completamento della regionalizzazione dell’Anas e al rilancio dell’iniziativa di liberalizzazione e privatizzazione delle reti infrastrutturali e dei pubblici servizi. Per il resto i riferimenti sono estremamente fumosi: un “Piano generale per la mobilità urbana sostenibile” e un generico “potenziamento della logistica e del trasporto merci”. Nel centro sinistra la situazione è differente ma non meno fumosa.
Nel programma del Pd di Bersani vi sono riferimenti a tematiche molto ampie mentre per capire cosa hanno in mente per la mobilità i trasporti e la logistica bisogna andare indietro al 2010 o al 2011. Nel sito la presentazione del programma rimanda ad un percorso che dal 2010 ad oggi ha prodotto numerosi documenti e proposte approvate in altrettante assemblee nazionali. La più recente sui temi a noi cari i punti qualificanti possono essere riassunti nell’istituzione dell’Autorità dei trasporti, nella regolazione del settore dei trasporti, nel trasferimento delle funzioni di regolamentazione dei servizi postali all’AGCOM, nel divieto di ricoprire più incarichi nelle autorità indipendenti, nella regolamentazione delle tariffe autostradali e nella soppressione del pubblico registro automobilistico (PRA). Sia nel Pdl che nel Pd poi vi sono chiari riferimenti ad interventi per calmierare il prezzo del carburante alla pompa. Il Pdl si concentra sulle accise promettendo di abbassarle, il Pd invece si focalizza sulla necessità di liberalizzare maggiormente il settore oggi in mano alle compagnie petrolifere.
Il terzo polo, quello del professor Mario Monti, non fornisce certo nuovi spunti. Anzi. I temi rimango alti e ancorati ad una Agenda Monti che vola alto verso il proseguimento di una strada tracciata dall’Esecutivo uscente. Per trovare riferimenti espliciti alla mobilità bisogna ficcanasare nella sezione “proposte” animata dagli iscritti al sito che possono liberamente lasciare spunti riflessioni e commenti. Non si tratta propriamente di un programma piuttosto di una bacheca pubblica dove discutere in libertà. Molto social ma per il resto niente di appassionante. Stranamente passando alle liste autonome con una forte impronta movimentista la musica cambia quanto meno c’è più chiarezza.
Per Ingroia e la sua Rivoluzione Civile il programma è tutto sui principi alti con una scelta evidente di non scendere nel dettaglio di specifici settori. Insomma di logistica e trasporti neanche l’ombra.
Da Grillo il programma a 5 stelle è on-line da tempo e i punti non sono cambiati. Sulle infrastrutture il comico/politico non scherza e le dice chiare: blocco Ponte sullo Stretto e blocco immediato della Tav in Val di Susa. Leggendo i punti poi l’attenzione è tutta per la mobilità delle persone in città e tra le città. Utilizzo del telelavoro e sviluppo della banda larga, collegamenti efficienti tra le varie soluzioni di trasporto pubblico, sviluppo delle tratte ferroviarie legate al pendolarismo, meno macchine e più biciclette e potenziamento dei mezzi pubblici con corsie riservate nei centri urbani. Sulle merci poco o nulla salvo un riferimento allo sviluppo dei mercati locali con produzioni che arrivano dal territorio, a Km zero.
Anche Oscar Giannino con il suo FARE Fermare il declino fa alcune proposte specifiche. Sulle infrastrutture relative alle reti di trasporto propone una regolamentazione specifica e l’immediata attivazione dell’Autorità dei trasporti da affidare a personale competente e non di emanazione ministeriale. Giannino poi approfondisce la sua proposta puntando le Ferrovie dello Stato proponendone la suddivisione in tre distinte componenti (passeggeri, regionale e cargo) da privatizzare separatamente.
Fonte: Corriere dei Trasporti